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The Boyz, la serie televisiva targata Amazon Prime, è tornata con la terza stagione a partire da venerdì 3 giugno in Italia. Sono stati pubblicati immediatamente tre episodi, ed ogni venerdì successivo ne verrà trasmesso uno nuovo. Lo ripetiamo: The Boyz è tornato, ancora più irriverente delle stagioni precedenti (ci sembra) ed ancora più caustico, ancora più esplicito e violento ed allo stesso tempo ancora più ironico. Se non aveste l’accesso ad Amazon Prime, potremmo dire che questa serie vale da sola il costo dell’abbonamento. A dieci minuti dall’inizio della prima puntata della terza stagione siamo rimasti esterrefatti: una delle scene che entrerà nella storia della cinematografia moderna, ma ne riparleremo.

Certamente la cultura pop, o meglio oggi la cultura geek è decisamente satura di avventure di supereroi: siano essi a fumetti, siano film di animazione, pellicole per il grande schermo o serie televisive per lo streaming, la giungla del mondo “super” ci sembra decisamente sovrappopolata. The Boyz tuttavia fa eccezione, con il proprio approccio dissacrante ed ironico, nichilistico e volutamente iperbolico (soprattutto nelle scene esplicite) è riuscita a ritagliarsi una propria nicchia.

The Boyz, tratto dalla serie a fumetti di culto di Garth Ennis e Darick Robertson, è rapidamente salito alla ribalta delle cronache ed ha incontrato il favore di un vasto pubblico, grazie proprio alla violenza eccessiva e alle scene di sesso selvaggiamente esplicite, spesso combinate insieme in un modo unico, brutale e grottesco, che non si vedeva dai tempi di Game of Thrones. Ma The Boys brilla soprattutto per la satira (che certo non è sottile)  grossolana ma efficace sul culto della celebrità, e sull’avidità aziendale ed, immancabilmente, sul sistema politico americano in crisi. Le prime due stagioni della serie hanno preso di mira il fandom (per chi non conoscesse la parola vi consigliamo di cercarla sulla treccani) con i suoi eccessi, il cristianesimo commerciale e ed i rigurgiti sempre più numerosi di simil-fascismo ed estremismo, incarnato nella seconda stagione dal supereroe nazista Stormfront (Aya Cash). Anche nella terza stagione la direzione della satira sembra scorrere nella medesima direzione dissacrante rispetto al potere, incentrata sul leader dei 7 supereroi  Homelander -(in italiano “Patriota”)-  connotato come un dittatore surrogato, sulla falsariga di alcuni personaggi reali ma soprattutto alla stregua di un arconte da Repubblica delle Banane.

Un piccolo recap (se non amate gli spoiler – non leggete questa sezione!)

La fine della seconda stagione ci ha lasciato con la moglie di Butcher, Becca, morta accidentalmente per mano (o meglio, per gli occhi laser) di suo figlio Ryan e con Stormfront paralizzata nello stesso attacco. L’azienda Vought, in combutta con la Chiesa del Collettivo (qui non è necessario essere critici epistemologici per scorgerci riferimenti neanche così nascosti a Scientology), riesce a pilotare l’udienza del Congresso che ne avrebbe dovuto smascherare le magagne. la commercializzazione del Compound V (la sostanza che conferisce poteri da “super” ai normodotati) viene sospesa e Hughie cerca di trovare il proprio posto nella vicenda andando felicemente a lavorare per la deputata Victoria Neuman, ignaro del fatto che proprio lei il capo dei capi. La scena finale in cui compare Homelander  (Patriota) ricoperto di sangue, ostacolato da Butcher e Maeve, privato della sua fidanzata nazista e della conquista del mondo, lo dipinge particolarmente aggressivo e contrariato.

La terza stagione salta un anno in avanti: ritroviamo i personaggi in un momento di calma ap0parente (non preoccupatevi, è solo una pausa breve per assaporare meglio il climax). Patriota (un agghiacciante Antony Starr) sembra essere stato “domato” grazie al video ricattatorio sul Volo 37 da parte di Queen Maeve (Dominique McElligott) ed è impegnato in un tour di scuse mediatiche in cui, per riabilitarsi dall’accusa di nazismo, afferma che il suo rapporto con Stormfront è stato un errore dettato esclusivamente da ragione di cuore. Hughie (Jack Quaid) lavora per la deputata (e capo segreto dei superuomini) Victoria Neuman (Claudia Doumit) all’Ufficio Federale degli Affari Superumani. Si è felicemente riconciliato con Starlight (Erin Moriarty) e si è impegnato a combattere Vought e i superuomini in modo legale e moralmente corretto. Hughie ha anche arruolato Butcher (Karl Urban), Frenchie (Tomer Capon) e Kimiko (Karen Fukuhara) come appaltatori governativi per indagare sui superuomini che violano la legge. Nel frattempo, Mother’s Milk (Laz Alonso) ha lasciato il gruppo per dedicarsi alla figlia Janine (Liyou Abere). Lo stesso Butcher è diventato una figura paterna per il figlio di Becca e Homelander, Ryan (Cameron Crovetti).

La nuova impresa della Vought è la creazione del “Temp V”, una versione modificata del “Compound V” in grado di conferire a chiunque poteri da supereroe per 24 ore; ovviamente questo intruglio non solo è molto richiesto per ragioni di difesa militare, ma cominciano a farne un uso (proprio od improprio, non sapremmo dirlo) anche alcuni personaggi insospettabili della serie, forse perchè utile ai propri fini (il fine giustifica i mezzi) o semplicemente alla propria autostima. Quando l’egocentrismo e la paranoia di Homelander cominciano a prendere il sopravvento, da prevaricare e sconvolgere tutti i rapporti di forza all’interno della Vought, il “macellaio” ed i suoi ragazzi vanno alla ricerca di qualcosa che possa ucciderlo. Cercano un’arma che si dice abbia eliminato il predecessore di Homelander, Soldier Boy (Jensen Ackles). Ackles, una nuova aggiunta al cast, incarna l’ideale di una mascolinità sciovinista e retrò, in qualche modo prodromica di quella più “narcisistica” per questo “femminea” di Patriota… ma ora non vorremmo dire troppo.

Una sola ultima nota, l’avevamo promessa in apertura, relativamente alla scena che ci ha lasciato di stucco a 10 minuti dall’inizio del primo episodio; il protagonista è Termite, un potenziale supereroe che può ridursi a pochi centimetri di altezza, un orifizio corporeo (non vi sveliamo quale) e un imprevisto incontrollabile… il tutto per una scena splatter in cui, se non è il vostro genere, non conviene avventurarvi!

Cosa va e cosa non va nella terza stagione di The Boyz: le nostre conclusioni

The Boys è una serie in cui la satira si libera nei confronti di qualsiasi argomento, e anche la terza stagione non fa eccezione. Ogni aspetto della nostra contemporaneità viene in qualche modo “citato” e “dissacrato” all’interno della serie: dal wokeismo aziendale ai reality con annessi talent shows, dai concorsi di bellezza per bambini alla risposta inopportuna al COVID di alcuni leader politici.

Ovviamente non tutto sempre funziona, e non tutte le ciambelle riescono con il buco. Un A-Train (Jessie T. Usher) particolarmente ondivago ed ambivalente viene inserito in una storia alla “Black Lives Matter” che forse non ha avuto il giusto storywriting. Sebbene la terza stagione ripercorra un sentiero piuttosto noto, già ampiamente battuto nelle prime due stagioni, crediamo che The Boyz abbia ancora qualcosa da dire, in modo ironico, dissacrante, a volte grottesco e tutto sommato con una storia di fondo che tiene abbastanza.

The Boyz è lo specchio deformante del nichilismo attraverso cui ritroviamo la nostra realtà quotidiana che ci circonda, e che spesso non ci da neanche più da pensare…

-(anonimo)

 

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